sabato 29 gennaio 2011

joseph BEUYS

"... che compito dell'arte non è quello di essere compresa da questo polo cerebrale, sottile, intellettuale. L'arte deve essere compresa nel senso di comprensione totale. Questo significa che l'opera d'arte passa nell'uomo e l'uomo passa nell'opera d'arte. (...) Sì, capire l'arte significa che devo spostarmi in un altro luogo". 

Andy Warhol: Joseph Beuys

"Arte" non è più un concetto museale, bensì umano e in quanto tale si rivolge a ogni sfera in cui opera l'uomo: dalla politica alla religione, dalla scienza alla più spicciola quotidianità. E' un concetto dell'arte che responsabilizza l'uomo nei confronti di ogni suo atto, in un invito costante a "essere" nel mondo, partecipando, lottando, agendo creativamente e non a disdegnare il mondo. Questo è quanto Beuys esprime con l'aforisma "la rivoluzione siamo noi". 

Die Haut (la pelle), Joseph Beuys

L’arte dunque, secondo l’impronta di Beuys, va vissuta, esperita, pensata; essa muove e trasforma l’essere umano che vi partecipa.

Joseph Beuys “Homogeneous Infiltration for Piano” 1966


domenica 9 gennaio 2011

Professione stilista

Non è la pubblicità del libro con il medesimo titolo, un vero e proprio "Best Seller" che indicherebbe le qualità che un individuo dovrebbe avere per poter intraprendere la carriera di stilista... (ahahaha pura sociologia spicciola e oltretutto distante dal mio credo che mi fa puntare sull'individualità di ognuno!) Questo post in realtà nasce con il desiderio di iniziare un discorso su quello che cerco di fare ogni giorno nel miglior modo possibile... penso sia quindi arrivato il momento di parlarvi di uno dei miei lavori più attuali:                                                                                        "You have to eat mud "

una collezione donna che vede come punto di partenza il football americano. Un giorno guardando un film rimasi colpita da una scena di football, non perché particolarmente bella o significativa all'interno del racconto, una scena come tante si vedono ormai, rimasi invece colpita dalla divisa dei giocatori, da quelle forme che trapelavano oltre il pantalone e la maglietta, quelle forme che raccontano una serie di protezioni ben studiate che hanno la funzione di proteggere tutto il corpo del giocatore stesso. 

Non ho potuto far altro quindi che andare a cercare quella sorta di stratificazione benefica e diventare più che convinta che quel mondo avrebbe potuto raccontare perfettamente il mondo della mia donna. Il football americano ormai lo siamo abituati a vedere spesso ed anche a sentirne parlare, quello che mi interessa è la durezza di ogni scontro, il dolore fisico, la forza di voler vincere fisicamente l'avversario che "pesa", la voglia di spostare quel masso e di superarlo. 

E le protezioni servono tutte anche alla mia donna, che più che tale deve essere un carro armato (i tacchetti delle scarpe da gioco diventano facilmente suole carro armato!), una macchina da guerra, per affrontare da vincente le sfide di ogni giorno. Lei deve riuscire a mangiare in ogni sua impresa la minor quantità di fango possibile per non diventare carne da macello. Questo è il motivo per cui non può essere semplicemente donna.